Riprendiamo da
di Don Alessandro D'Angelo
“Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere? [...] Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine. Poi diceva loro: si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo” ( Lc 21, 7.11) . Proprio la scorsa domenica, XXXIII del Tempo Ordinario, la Liturgia della Parola nel Vangelo ci ha presentato la condizione di caducità a cui è sottomessa la storia ed il creato. La storia di un’umanità da sempre soggetta a fenomeni atmosferici che non devono lasciarci indifferenti, ma né creare dentro di noi inutili terrori come sintomo di una storia del mondo che volge al termine. Tante volte, spettatori di immani tragedie siamo stati e siamo creatori di teorie inutili circa la fine del mondo, magari pronosticandone anche la data, ma per la vita di un cristiano, di chi crede nel Dio di Gesù Cristo, creatore del cielo e della terra, questo ragionamento non è fondato. Anzitutto perché un Dio che ha creato il mondo e l’uomo con amore, di certo non porrà fine a tutto ciò che ha creato attraverso azioni di vendetta e distruzione quasi questo Dio fosse un regista di film alla “Apocalypse Now”. Non dimentichiamo cosa ci dice il libro della Genesi al momento della creazione: “Dio vide che era cosa buona” (Gn 1, 25). Poi dobbiamo tenere in seria considerazione il linguaggio di estrema verità con cui Gesù si esprime nel Vangelo, presentandoci una immagine vera della realtà, facendoci rendere conto che nella nostra vita inevitabilmente incontreremo fenomeni come terremoti, fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma che non sono il segno della fine del mondo. Mi rendo conto di quanto possa sembrare facile parlare di tali immani tragedie, come l’ultima nelle Filippine, mentre sono seduto sulla mia bella sedia cercando di elaborare qualche contenuto da trasmettere. Ma è anche vero che queste situazioni pur facendoci il più delle volte sentire inermi, io credo che possano avere una marcata incidenza sulla nostra vita. Il tifone che si è abbattuto nelle Filippine, Hayan, ha investito il Paese causando più di 10 mila morti. E’ arrivato portando la sua tragica folata di morte, ha spazzato via quello che ha trovato. Case rase al suolo, intere famiglie scomparse, paesi inghiottiti dalla furia di una natura troppo spesso incontrollabile dall’uomo. I vescovi filippini guardano al popolo lasciando una parola di speranza: “la fede dei cattolici è più forte del tifone Hayan”. Ma a tutti viene umanamente da dire una parola anche di rabbia, e di tristezza nei confronti di Dio. E non me ne vergogno anche da prete nel dirlo, pure sull’altare, con i volti di quei bambini impauriti scolpiti nel cuore e nella mente. Perché Signore? Perché? Ma la fede è come quella salda roccia che al di là dello sconforto umano ci fa andare avanti e ci tiene ancora ancorati a quel porto di salvezza che resta sempre Lui, che non rimane spettatore, che non è il regista di tali avvenimenti drammatici magari a rimedio delle colpe di un popolo, come si pensava nell’antichità, ma che si fa vicino alle ferite dell’uomo, che piange se vede i suoi figli sommersi dalle acque, che prende su di sé i dolori del mondo e soprattutto che dona la vita eterna a chi ha sperato in Lui, dove non c’è più la morte né il pianto né la sofferenza. La Conferenza Episcopale Italiana ha già stanziato tre milioni di euro dai fondi derivanti dall’8 x mille, da destinarsi alla prima emergenza. La Caritas Italiana ha stanziato 100 mila euro per aiutare subito gli sfollati. Dicevo all’inizio del mio articolo che questi avvenimenti anziché suscitare paura per la fine del mondo, sono occasioni propizie per farci rendere conto di quanto la vita sia preziosa ed il motivo per cui Dio ci ha messi al mondo non da soli: per aiutarci l’un l’altro. La preghiera è il primo elemento indispensabile in questi momenti come sempre, ma resta una preghiera sterile se non trova uno sbocco nella nostra vita, attraverso gesti concreti di solidarietà e di sobrietà, soprattutto negli acquisti ora che ci apprestiamo a vivere le festività natalizie. Invito tutti i lettori a compiere un gesto di solidarietà donando qualcosa dei nostri risparmi alla Caritas Italiana attraverso conto corrente postale n. 347013 specificando nella causale : Filippine, o andando sul sito delle nostre diocesi e unirci nella solidarietà a quello che le nostre Caritas diocesane, attraverso ogni parrocchia, hanno pensato per i nostri fratelli delle Filippine.“ Nelle liete e tristi vicende di questo mondo, apri Signore il nostro cuore alle necessità dei fratelli. Non farci chiudere nell’egoismo e soprattutto nel terrore di avere un Dio che non è padre ma è burattinaio cattivo della vita delle persone e della natura. Farci rendere conto di quanto Tu invece, ti chini sulle ferite dell’umanità e che se spesso accadono immani tragedie come queste, forse è anche colpa nostra. Invece di vivere nell’ansia di un mondo che finirà quando Tu solo sai, dacci il coraggio di vivere ogni giorno come fosse il nostro primo, unico e ultimo, come cioè una possibilità per rendere la nostra vita come dono degno di essere vissuto, apprezzato, speso per il bene degli altri, specie i sofferenti.”
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